altervista

mercoledì 30 novembre 2011


Lo schiaccianoci 3D streaming Megavideo è un film di Andrei Konchalovsky. Con Elle Fanning, Nathan Lane, John Turturro, Frances de la Tour, Richard E. Grant, Yuliya Vysotskaya, Aaron Michael Drozin, Charlie Rowe, Daniel Peacock, Alan Cox, Hugh Sachs, Africa Nile, Jonathan Coyne, Stuart Hopps, Ferenc Elek, Attila Kalmár, György Honti, Fernanda Dorogi, Kriszta Dorogi, Béla Gados, Verner Gresty, Jason Harris, Jácint Hergenröder, Zoltán Hetényi, Barna Ilyes, Lilla Karolyi, László Keszég, Gyula Kormos, Ferenc Kovács, Dániel Mogács, Krisztina Moskovits, Gábor Nagypál, Richard Philipps, Zsolt Sáfár Kovács, Péter Takátsy, Andrea Tallós
Titolo originale The Nutcracker in 3D
Animazione – durata 107 min.
Gran Bretagna 2009 – M2 Pictures
Uscita venerdì 2 dicembre 2011
Vienna, anni Venti. Mary ha nove anni, un fratello più piccolo che non la lascia in pace e una vivida fantasia. La vigilia di Natale, i genitori lasciano i due bambini con l’amato zio Albert, che fa dono a Mary di uno schiaccianoci di legno, N.C. Con la complicità della notte, il giocattolo si anima e conduce Mary in una dimensione parallela e meravigliosa. Qui la bimba apprende che N.C. in realtà è un principe, ridotto a pezzo di legno dal sortilegio della subdola madre del Re dei Ratti, il cui piano criminale prevede il rogo di tutti i giocattoli e la “rattificazione” del mondo.
Se il film di Konchalovsky ha tardato qualche anno ad arrivare in sala forse una ragione c’è. Pur non accusando segni del tempo e anzi godendo di ottima salute, stando al fisico tutto luccichii natalizi e 3D, questo Schiaccianoci sembra straparlare. Il misterioso signor Drosselmeir è divenuto zio Albert Einstein, Freud passeggia per le vie della città, N.C. (the Nutcracker) è mezzo Pinocchio e mezzo Napoleone, i topi capeggiati da re Turturro sono nazisti che nei forni bruciano i giocattoli, mentre gli operai giù alle fornaci sembrano bolscevichi russi sulla soglia della rivoluzione sociale. A nulla vale che il regista si nasconda dietro la formula rubata alla fisica (e applicata, già che c’è, all’obiettivo cinematografico o alle magie della scenografia) per cui “tutto è relativo”: c’è troppo e troppo poco e la visione del film si confonde con la visita ad un museo di giocattoli: roba immobila e stantìa.
L’unico merito che si può attribuire a Konchalovsky è quello di aver ripristinato gli elementi più scuri della favola tedesca, che Dumas aveva spazzato via e che il balletto stesso non contempla. Non che per questo -per ribadire, cioè, la necessità di accettare la natura problematica della vita e di lottare contro quelle che appaiono come difficoltà insormontabili- occorresse scomodare didascalicamente Freud in persona (“hai sentito, caro, cosa dice il dottore dei sogni dei bambini…”) ma questa – lo si ribadisce – è purtroppo la ricetta del film: un’insalata russa, secondo la ricetta originaria che comprendeva un po’ di tutto. Solo che con un kolossal “retro-futurista” con gli attori americani in cornice austro-ungarica e le canzoni che sillabano “è stata dura però l’usurpatore è andato via…e il buio si dissolve come per magia”, si possono forse nutrire gli ingenui, ma per il pubblico adulto il piatto è a dir poco indigesto.
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